Io non sono abituato a scrivere un diario delle cose che faccio, non so se questo sia male, ma è un po' fuori dalle mie corde.
Proverò comunque a scrivere una specie di racconto della mia vita, per far capire chi sono, cosa voglio e dove vado.
Ho lavorato in informatica dal 1974, cominciando con computer grandi quasi quanto una stanza, dei quali io ero una specie di "vestale": il mio compito, come operatore consollista, era di tenere il "mostro" alimentato in continuazione, in modo da ottimizzare il suo costo e farlo lavorare il più possibile.
I nastri erano contenuti in una bobina delle dimensioni (diametro) di un piatto da cucina ed erano larghi mezzo pollice (oltre 1 centimetro).
Il computer non aveva tastiera, né video; soltanto una batteria di lampadine che si illuminavano mostrando gli indirizzi delle posizioni di memoria che venivano lette o scritte di volta in volta e la configurazione binaria dei dati trasferiti.
Per dare istruzioni all'elaboratore si usavano schede perforate da 80 colonne.
Alcuni colleghi avevano il compito di organizzare in sequenza i lavori da passare al calcolatore, preparare i dati di ingresso (gli input) e controllare i risultati (l'output).
Il loro lavoro si svolgeva fuori della "sacra" Sala Macchine, nella quale non poteva entrare nessuno (in teoria!), tranne noi operatori, i tecnici della manutenzione e i responsabili del Centro di Calcolo.
Non era una vita facile, ma io la trovavo estremamente divertente.
Gli elaboratori lavoravano sempre, noi operatori ci alternavamo su tre turni, la mattina (dalle 7 alle 15) il pomeriggio (dalle 15 alle 23) e la notte (dalle 23 alle 7 del giorno successivo).
Nessun commento:
Posta un commento